Dialogo con la parte che tace

Dialogo con la parte che tace


Dialogo con la parte che tace non inizia con parole, ma con una disposizione: quella di ascoltare ciò che non ha mai chiesto di essere detto.

C’è una parte di noi che non urla. Non protesta. Non si impone. Sta lì, immobile, mentre il resto del mondo corre, discute, si espone, si giustifica. È la parte che osserva in silenzio, che trattiene, che si ritira quando tutto si fa troppo rumoroso. È la parte che abbiamo imparato a non ascoltare, perché non produce, non convince, non serve a nulla. Ma è proprio lì che vive la verità che non si fa vedere. Dialogo con la parte che tace è l’inizio di una riconciliazione. Non con ciò che mostriamo, ma con ciò che abbiamo nascosto troppo a lungo.

Da piccoli, ci insegnano a parlare. A dire cosa vogliamo, cosa sentiamo, cosa pensiamo. Ma nessuno ci insegna a dare spazio a ciò che non trova parole. Nessuno ci insegna ad accogliere quel silenzio che abita dentro. Quel vuoto che si presenta quando smettiamo di recitare. Quando smettiamo di reagire. Quando ci ritiriamo senza motivo apparente. Dialogo con la parte che tace comincia in quei momenti lì, quando tutto tace e restiamo soli con la nostra ombra. Quella che non si mostra nelle foto. Quella che non ha un ruolo. Quella che ci guarda, e basta.

La parte che tace non è debole. Non è pigra. Non è confusa. È solo stanca di essere usata. È quella parte che custodisce la memoria di chi sei, prima dei ruoli, prima dei traumi, prima delle aspettative. È lì che vive il tuo sguardo più puro. Ma per arrivarci, devi fare silenzio. Devi disattivare la voce che spiega. La voce che razionalizza. La voce che si difende. Dialogo con la parte che tace è un viaggio verso il basso, verso un ascolto più profondo, più radicale, più spoglio.

Dialogo con la parte che tace

Molti hanno paura di scendere lì. Perché la parte che tace, a volte, non tace per caso. Tace perché è stata interrotta. Tace perché è stata zittita. Perché ha parlato, un giorno, e non è stata ascoltata. Allora ha scelto il silenzio come rifugio. Come forma di sopravvivenza. Ma se ti avvicini senza fretta, senza forzare, lei torna. A volte con un’immagine. A volte con un sogno. A volte con una stretta alla gola. Non ha un linguaggio codificato. Ma ha una precisione che non mente. Dialogo con la parte che tace è imparare a leggere quei segni senza tradurli subito.

Non cercare coerenza, lì. Non cercare chiarezza. Quella parte non vuole spiegarsi. Vuole essere riconosciuta. Vuole spazio. Vuole che tu smetta di gestirla. Di sopprimerla. Di usarla solo quando ti serve per sembrare profondo o vulnerabile. Dialogo con la parte che tace è l’arte di stare. Anche se non capisci. Anche se non sai dove porta. Anche se ti sembra inutile. È proprio in quel non sapere che accade la vera intimità.

Ci sono dolori che non hanno nome. Emozioni che non si possono dire. Nostalgie che non hanno origine. Cose che senti e non sai spiegare. In quei territori abita la parte che tace. Non la convincerai a uscire col ragionamento. Non verrà se la interroghi come un testimone. Ma verrà se le crei spazio. Se le fai capire che può esistere anche senza giustificarsi. Dialogo con la parte che tace è smettere di chiedere alla vita di parlare la nostra lingua, e cominciare a imparare la sua.

È difficile, perché siamo abituati a “funzionare”. A performare anche la nostra ricerca interiore. A mostrarci vulnerabili con eleganza. Ma la parte che tace non si mostra bene. Si mostra grezza, spigolosa, contraddittoria. E se davvero vuoi incontrarla, devi abbassare le difese. Devi essere disposto a non piacerti. A non saperti. A non gestirti. Dialogo con la parte che tace non avviene in pubblico. Non avviene sui social. Avviene la notte, quando spegni tutto. Quando non devi più essere nessuno.

Dialogo con la parte che tace

E all’inizio può spaventare. Perché quella parte ha memoria. Ti ricorda ciò che hai evitato. Ti porta davanti a ciò che hai negato. Ma lo fa senza giudizio. Senza rivendicazioni. Ti mette solo uno specchio davanti. E poi resta lì. Non per punirti. Ma per dirti: io sono ancora qui. Nonostante tutto. Nonostante te. E tu puoi decidere di scappare di nuovo. Oppure puoi sederti. Restare. E ascoltare. Dialogo con la parte che tace è un atto di amore. Di presenza. Di umiltà.

Non accadrà in un giorno. Forse nemmeno in un mese. Ma se cominci, quella voce sottile tornerà. Ti guiderà dove avevi smesso di guardare. Ti condurrà nei luoghi che avevi chiuso a chiave. Ti farà sentire cose che avevi messo a tacere. E in quel sentire, qualcosa cambierà. Non subito. Non con rumore. Ma lentamente. Come l’acqua che scava la pietra. Come la luce che filtra anche quando non la vedi. Dialogo con la parte che tace è il solo dialogo che non puoi fingere.

E poi arriverà un giorno in cui ti accorgerai che quella parte non è più solo un’ombra. È diventata carne. È tornata nel corpo. Nella voce. Nei gesti. Sarai più intero. Più reale. Meno lineare, forse. Ma finalmente vero. E anche se fuori nessuno se ne accorgerà, tu saprai. Saprai che sei tornato. Che sei tornato a casa. Dialogo con la parte che tace non finisce con una risposta. Comincia con una presenza. E quella presenza, quando arriva, non se ne va più.


📌 Uomo Fuori Traccia – Articolo #89
🧭 Certe voci non si sentono. Ma abitano tutto.


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Non cerca follower, cerca fenditure.
Non insegna nulla, ma disobbedisce per mestiere.
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Vive in silenzio, ma scrive forte.
È uno che cammina fuori traccia.
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