La parola yes-man è diventata sinonimo di debolezza, di conformismo passivo, di mancanza di spina dorsale. Chi oggi viene definito yes-man è spesso ridicolizzato, rimosso dalla scena, accusato di non avere voce. Ma la parola yes-man ha bisogno di essere riattraversata, non per glorificare l’obbedienza cieca, ma per capire da dove nasce. Riabilitiamo la parola yes-man non per giustificare chi dice sempre sì, ma per ascoltare cosa ci racconta quella docilità, quella paura, quella adesione silenziosa. Perché la parola yes-man parla anche di noi, quando smettiamo di opporci, quando preferiamo restare piuttosto che rischiare.
Yes-man è una maschera del timore
La parola yes-man porta con sé una forma di protezione. Dire sempre sì è spesso un meccanismo di sopravvivenza: si dice sì per non perdere il posto, per non esporsi, per non disturbare. Ma sotto quel sì continuo si cela un corpo contratto, una voce trattenuta, una volontà cancellata. Riabilitiamo la parola yes-man per riconoscere che ogni adesione non è necessariamente complicità: a volte è difesa. A volte è una forma di stanchezza. A volte è l’unico modo che ci resta per restare.
Lo yes-man non è solo un ingranaggio, è anche un sintomo. Un segnale che qualcosa nel sistema rende il dissenso impraticabile, pericoloso, o semplicemente troppo faticoso. Riabilitare la parola yes-man significa anche domandarsi: cosa rende il no così inascoltabile? E cosa spinge qualcuno a nascondere la propria voce per rimanere integrato?
Yes-man è il frutto di ambienti saturi
Viviamo in contesti in cui il confronto autentico è raro. Dove l’iniziativa viene premiata solo se conferma l’esistente. Dove il dissenso è sopportato solo se decoroso, educato, ininfluente. In questi luoghi, la parola yes-man non designa un individuo, ma un clima. Un contesto che genera adesione passiva come unica forma di sopravvivenza. Riabilitiamo la parola yes-man per spostare lo sguardo: non sempre chi dice sì è l’unico responsabile. A volte è l’ambiente che lo costruisce, che lo coltiva, che lo premia.
Lo yes-man è spesso ciò che resta quando il conflitto è stato espulso, quando il pensiero critico è diventato un peso, quando la paura ha preso il posto dell’immaginazione. Riabilitare la parola yes-man è anche un atto di disvelamento. È chiedersi come siamo arrivati a valorizzare l’adesione silenziosa più della divergenza onesta.
Riabilitiamo la parola yes-man per capovolgerla
La parola yes-man può anche essere ribaltata. Può diventare un modo per riflettere su cosa significa dire sì. Su quando un sì è autentico, scelto, generoso. Non tutti i sì sono deboli. Alcuni sono radicali, coraggiosi, trasformativi. Riabilitiamo la parola yes-man per distinguerli. Per restituire dignità a chi dice sì per costruire, non per compiacere.
Esiste un “sì” che non ha paura del dissenso, ma lo contiene. Esiste un “sì” che non esclude il dubbio, ma lo attraversa. Esiste un “sì” che non nasce dal timore, ma dalla visione. In questo senso, la parola yes-man può diventare uno specchio: ci chiede di chiarire da dove arriva il nostro assenso, quanto ci costa, cosa ci muove. E cosa ci manca quando non diciamo di no.
Yes-man è anche un’assenza di parola
La parola yes-man ci interroga su ciò che accade quando la parola viene ritirata, quando il linguaggio smette di essere confronto e diventa eco. Lo yes-man non argomenta: accetta. Non propone: ripete. Non apre: conferma. Riabilitiamo la parola yes-man per non restare prigionieri del giudizio, ma per decifrare cosa racconta quella rinuncia.
Forse, a volte, siamo tutti un po’ yes-man. In alcuni ambienti. In certe fasi della vita. In quelle giornate in cui tacere sembra la via meno pericolosa. E se così è, allora restituire senso a questa parola è un modo per riaprire un varco. Non per giustificare, ma per comprendere. E forse, da lì, per cominciare a dire qualcos’altro. Magari qualcosa che non è né sì né no, ma che finalmente somiglia alla nostra voce.
📌 Uomo Fuori Traccia – Articolo #156
📖 Yes-man non è solo chi dice sì. È anche chi non trova spazio per dire altro. Restituirgli voce è aprire uno spiraglio nel sistema del consenso automatico.