Riabilitiamo la parola sabatico

Riabilitiamo la parola sabatico


La parola sabatico ha perso il suo respiro. Oggi è diventata una pausa da curriculum, un intervallo pianificato, un privilegio da giustificare. Ma la parola sabatico nasce da tutt’altro: da un tempo che si interrompe non per stanchezza, ma per scelta. Da una sospensione che non è assenza, ma forma di presenza profonda. Riabilitiamo la parola sabatico per ridarle dignità, per ricordare che fermarsi non è un lusso, ma un diritto. E che senza spazi vuoti, nessuna voce può davvero emergere. La parola sabatico non chiede di essere produttiva. Chiede di lasciare andare.

Sabatico non è svago

Viviamo in un’epoca che confonde il riposo con l’evasione. La pausa dev’essere redditizia, altrimenti non è ammessa. Ma la parola sabatico non è tempo morto. È tempo fertile. È un campo lasciato incolto perché possa rigenerarsi. È un tempo che non serve a nulla — e proprio per questo serve a tutto.

Riabilitiamo la parola sabatico perché oggi mancano spazi che non siano immediatamente utili. Spazi dove smettere di inseguire. Dove lasciar sedimentare. Dove non accade niente di visibile, ma molto accade in profondità. La parola sabatico non è fuga: è radicamento lento, invisibile, necessario.

Ed è un tempo che non si pianifica. Non ha scadenze. Non produce esiti misurabili. Ma apre. Sposta. Rende possibile uno sguardo che prima non c’era. Il sabatico è lo spazio vuoto tra due cose. È ciò che sta tra un prima e un dopo, senza la fretta del dopo.

Riabilitiamo la parola sabatico come forma di cura

La parola sabatico ha a che fare con il corpo, con il tempo, con la misura. In un mondo che corre, prendersi un tempo sabatico è un gesto di disobbedienza gentile. È scegliere di non rispondere subito. Di non mostrarsi per forza. Di lasciare che qualcosa si svuoti per poi tornare a vibrare.

Il sabatico non è tempo sottratto, ma tempo restituito. È il modo in cui la mente torna spazio, in cui il corpo riprende respiro, in cui l’anima, se c’è, ha un luogo dove restare in silenzio. Riabilitiamo la parola sabatico perché oggi più che mai abbiamo bisogno di tempo che non produca, ma che accolga.

E accogliere richiede ascolto. Richiede attesa. Richiede la volontà di non intervenire. Il sabatico è il contrario dell’urgenza. È il tempo che ci insegna che non siamo ciò che facciamo, ma ciò che lasciamo maturare.

Sabatico è anche una postura interiore

La parola sabatico non riguarda solo il lavoro o la carriera. È una possibilità mentale. Una pratica esistenziale. Sabatico è tutto ciò che interrompe il flusso automatico. Una domenica senza senso di colpa. Una giornata senza obiettivo. Un pensiero che non deve diventare contenuto.

Riabilitiamo la parola sabatico perché ci insegna a dimorare nell’intervallo. A riconoscere il valore del vuoto non come assenza, ma come spazio in cui può accadere qualcosa di imprevisto. La parola sabatico ci ricorda che si può camminare anche senza direzione. Che non tutto deve avere una destinazione per avere senso.

Sabatico è anche uno sguardo. Un gesto non fatto. Una parola sospesa. È tutto ciò che resta in bilico e non per questo perde valore.

Fermarsi è una forma di resistenza

In un sistema che ci vuole sempre performanti, presenti, visibili, fermarsi diventa un atto politico. Un modo per dire: io non corro. Io non produco. Io non rispondo. Io sto. La parola sabatico ci offre una via d’uscita gentile, silenziosa, radicale.

Riabilitiamo la parola sabatico per proteggerne il nucleo profondo: quello della cura, della sospensione, della rigenerazione. Perché è proprio quando ci fermiamo che qualcosa comincia davvero. Non si tratta di scappare, ma di restare. Non si tratta di sottrarsi, ma di rientrare. E per farlo, serve un tempo che non sia pieno. Serve un tempo sabatico.


📌 Uomo Fuori Traccia – Articolo #150
📖 Fermarsi non è perdere tempo. È darsi una possibilità. Quella che altrimenti il tempo stesso ci impedirebbe di vedere.



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