La parola labbra è stata ridotta a superficie. Trattata come linea estetica, come punto da riempire, contorno da ridisegnare. Ma la parola labbra non è mai stata solo pelle: è confine, è tensione, è luogo di passaggio. Si apre e si chiude, accoglie e respinge. Le labbra non servono per essere guardate. Servono per decidere se lasciar uscire una voce, un bacio, un urlo. Servono per fermare una verità che brucia. Ecco perché vanno restituite. Perché sono il margine che ogni giorno ci chiede quanto siamo disposti a dire.
Dove finisce il dentro
Le labbra sono l’ultimo bastione prima dell’esposizione.
Chi parla le attraversa. Chi tace le stringe.
Chi soffre le morde. Chi desidera le socchiude senza accorgersene.
Sono l’argine del caos interiore. Il punto esatto in cui il pensiero si affaccia sul mondo e si chiede: mi lascio andare?
La parola labbra nomina questo confine. Non è tecnica. Non è biologia. È soglia. E non è mai neutrale. Le labbra sanno tutto prima della lingua. E quando si chiudono, non stanno solo trattenendo: stanno decidendo se è il momento. O se non lo sarà mai.
Labbra che tacciono più di quanto parlano
Tutti abbiamo visto labbra che non reggono più la pressione. Che tremano, che si piegano, che si spaccano.
Labbra che avrebbero voluto dire qualcosa vent’anni prima.
Labbra che sono state zittite troppe volte.
Labbra che aspettano ancora un gesto che non arriva.
La parola labbra ci costringe a ricordare che non tutto ciò che si trattiene è guarito. Che a volte non parlare non è forza: è sopravvivenza. E che ci sono silenzi che iniziano dalle labbra e arrivano molto più in fondo.
Il peso del dire
Ogni parola detta è passata da lì. Anche quelle che abbiamo subito. Quelle che ci hanno spezzato. Quelle che abbiamo lanciato per ferire.
Ogni confessione, ogni offesa, ogni supplica: tutto ha strisciato fuori da quelle due lame molli.
La parola labbra custodisce questa verità scomoda: che il linguaggio non è un concetto. È un taglio. Un’apertura che può far nascere o far crollare. Chi dice “parla con il cuore” dimentica che prima il cuore ha dovuto attraversare le labbra. E a volte si è fermato lì, per paura.
Labbra come ferita e cura
C’è qualcosa di irrimediabilmente vero nelle labbra. Per questo le tagliamo, le nascondiamo, le modifichiamo. Perché dicono. Anche quando restano chiuse, dicono.
Sono una ferita verticale che non si chiude mai davvero.
Un segno d’origine e di separazione.
Sono ciò che ci ha nutriti da piccoli e ciò che ci espone da adulti.
Sono nido e lama.
La parola labbra va restituita alla sua verità viscerale. Non solo come inizio del linguaggio, ma come testimone del limite. Sono le labbra che hanno ascoltato le urla che non siamo riusciti a fare. Sono le labbra che hanno aspettato di baciare chi non è mai tornato.
La soglia che decide chi sei
Riabilitare la parola labbra significa accettare che c’è una parte di noi che non potrà mai mentire.
Le labbra dicono anche quando tacciono.
Le labbra raccontano tutto quello che non abbiamo mai avuto il coraggio di scrivere.
Le labbra sono il nostro diario esposto, la nostra intenzione prima della parola.
E il nostro ultimo baluardo prima di crollare.
Per questo vanno restituite. Perché non c’è verità, né finzione, né carezza, che non sia passata di lì.
📌 Uomo Fuori Traccia – Articolo #182
🔤 Le labbra sono il luogo dove il corpo sceglie se diventare voce. Non tutto ciò che senti può passare da lì. Ma tutto ciò che conta ci prova.