Scrivo da dove mi sono perso

Scrivo da dove mi sono perso


Non sto tornando. Scrivo da dove mi sono perso, e forse è l’unico modo per non cancellarmi del tutto.


📓 Scrivo da dove mi sono perso, senza mappa

Non so più in quale punto ho smesso di riconoscermi.
Ma da allora scrivo.
Non per spiegarmi. Non per ricompormi.
Scrivo da dove mi sono perso come chi parla a un’eco, senza aspettarsi risposta.
È una zona senza riferimenti.
Non c’è “prima”, non c’è “dopo”.
Solo frasi che mi attraversano e lasciano graffi leggeri.
Non so se servono.
Ma restano.
E questo mi basta.
La scrittura non è una bussola, è una traccia umida sul vetro.
Si asciugherà. Ma almeno è passata.

🧠 Il pensiero che non torna indietro

Una volta sapevo ricostruire.
Fare il punto. Disegnare la traiettoria.
Ora non più.
Il pensiero si muove in cerchi larghi, come un cane che non trova più l’odore di casa.
Scrivo da dove mi sono perso, e ogni frase è una specie di orfano.
Non ha radici. Non ha meta.
Ma ha bisogno di uscire.
Non per essere capita, ma per essere detta.
A volte scrivo anche solo una parola.
E poi la guardo, come si guarda una porta che non si sa se aprire o lasciare chiusa.

🕳️ Qualcosa si è spostato, e non si riavvicina

Non è successo tutto in un momento.
È stato un disallineamento graduale.
Come un piccolo errore che si ripete finché cambia la rotta.
Non c’è trauma. Solo distanza.
Un giorno ho capito che non tornavo più, ma non ho avuto il coraggio di dirlo.
Allora scrivo da dove mi sono perso, per lasciare almeno un segno, una voce, una riga non chiusa.
Come chi cammina e sa che nessuno lo segue, ma lascia comunque una traccia nel fango, per sé.

🔧 Ho smesso di cercare il sentiero

Per molto tempo ho provato a ricompattarmi.
A scegliere una direzione. A “fare il punto”.
Poi ho smesso.
Non per rassegnazione. Ma per onestà.
Perché scrivo da dove mi sono perso, e se provo a fingere di essermi ritrovato, le parole si spezzano.
Ogni volta che provo a spiegare, inciampo.
Ma se resto qui, se scrivo da questo margine senza nome, le frasi respirano da sole.
Anche se sono storte. Anche se non portano in nessun luogo condiviso.
Mi basta che siano mie.

🔊 A volte le parole non salvano. Ma lasciano aperto un varco

Non scrivo per guarire.
Non scrivo per chiudere un ciclo.
Scrivo per non dimenticare il suono della mia voce.
Scrivo da dove mi sono perso, e forse perdo anche altro mentre scrivo.
Pezzi di lucidità, pezzi di finzione.
Ma guadagno presenza.
Non nitida, non forte. Ma mia.
E questo, per oggi, è abbastanza.
Scrivere è la mia forma di sopravvivenza quieta.
Un filo sottile che non chiede tenuta. Solo continuità.

🪞 Non voglio tornare indietro. Ma non so dove andare

È una terra di mezzo.
Né ex me, né nuovo me.
Un luogo che non esiste su nessuna cartina.
Scrivo da dove mi sono perso perché è l’unica cosa che posso fare senza mentire.
Non mi sto cercando. Non sto scegliendo una direzione.
Sto solo lasciando tracce.
Tracce che forse non portano da nessuna parte.
Ma almeno mostrano che ci sono stato.
Anche se senza forma. Anche se senza testimoni.


📌 Uomo Fuori Traccia – Articolo #246
✍️ Scrivo da dove non si torna, ma almeno le parole restano intere.


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Scrive da un punto imprecisato tra il mondo che c’è e quello che potrebbe esistere.
Non cerca followers, cerca fenditure.
Non insegna nulla, ma disobbedisce per mestiere.
La sua mappa non ha nord: ha crepe, deviazioni, direzioni non autorizzate.
Vive in silenzio, ma scrive forte.
È uno che cammina fuori traccia.
E non per sbaglio.