Ci sono traiettorie che sembrano marginali, ma custodiscono il centro invisibile della libertà.
🧠 Restare laterali per scelta
Restare laterali per scelta è un atto strategico, non una rinuncia. Un posizionamento lucido. Un’architettura interiore costruita su dubbi, su omissioni volute, su silenzi coltivati. Restare laterali è smettere di cercare il centro di gravità esterno per trovarne uno interno. È scegliere di non entrare in certe stanze, anche se ci sono applausi dentro. È non esibire ciò che si è. Non perché non sia degno, ma perché non è necessario. Restare laterali per scelta è più difficile che partecipare. Più rischioso che esibirsi. Ma è più vero.
🕳️ Il centro è sopravvalutato
Cresciamo dentro una geometria precisa: si deve stare al centro. Al centro della scena, del discorso, dell’interesse. Chi è fuori è deviante, invisibile, scartato. Ma cosa succede se il centro non è un luogo, ma una trappola? Se ciò che chiamiamo centro è solo la proiezione collettiva di una paura? Ho impiegato anni a capirlo. Ho inseguito il riconoscimento, la visibilità, la legittimazione. Ero dentro. Poi qualcosa ha iniziato a rompersi. Una stanchezza silenziosa. Un senso di vuoto che non veniva colmato da nessun applauso. Così ho iniziato a uscire. A restare laterale per scelta. E più mi allontanavo, più vedevo. Più tacevo, più capivo. Più osservavo, più ero vivo.
🔧 Restare laterali per scelta non è fuga
Non si tratta di disertare per paura. Non è codardia. È strategia. È economia dell’energia interiore. Restare laterali per scelta significa scegliere dove essere presenti e dove no. Vuol dire lasciare zone inesplorate nei discorsi, non aderire a tutte le battaglie, non salire su ogni palco, anche quando il palco sembra promettere senso. C’è qualcosa di sovversivo in tutto questo. Il potere non sa cosa farsene di chi si sottrae. Eppure è lì che accade qualcosa di reale. Nella sottrazione. Nell’ombra. Nell’atto di deviare quando tutti avanzano.
📓 Diario di un’esistenza obliqua
Ho cominciato a scrivere in margine. A parlare poco. A scegliere le mie presenze. Ogni volta che evitavo un centro mi sentivo più saldo. Ogni volta che dicevo no a una chiamata collettiva non sentita, guadagnavo un pezzo di verità. Restare laterali per scelta non vuol dire non partecipare alla vita. Vuol dire non confondere il frastuono con il senso. Non è alienazione. È vicinanza a sé. I momenti migliori sono arrivati quando nessuno guardava. Quando non c’era pubblico. Quando le parole non erano performative. Allora ho capito: non sono qui per convincere. Sono qui per costruire silenzi abitabili.
🧠 La postura invisibile
Chi resta laterale per scelta costruisce un’etica del gesto minimo. Camminare fuori asse. Parlare piano. Osservare le strutture mentre si disfano. È una postura invisibile, ma esatta. Non chiede approvazione, non vuole imitatori. Non serve gridarla: si manifesta nel modo in cui ascolti, nel modo in cui non reagisci, nel modo in cui esci dalla stanza nel momento esatto in cui il gioco si fa troppo uniforme. È difficile da spiegare a chi vive nel rumore. Ma chi ci è passato, lo riconosce. È come un segnale tra iniziati.
🔧 Geometrie nuove
Restare laterali per scelta apre a un altro modo di pensare lo spazio. Non c’è più centro e margine. Ci sono solo punti da cui si può guardare. E la qualità dello sguardo non dipende dalla posizione nel gruppo, ma dalla profondità con cui si è disposti a guardare. Chi è sempre al centro spesso non ha tempo per vedere. Troppa esposizione. Troppa luce. Ma nel bordo c’è freschezza. C’è possibilità. C’è creazione. E soprattutto: c’è silenzio fertile. È da lì che nasce un altro mondo. Non gridato, ma costruito. Non imitato, ma vissuto.
📌 Uomo Fuori Traccia – Articolo #162
🔧 Non tutti i bordi sono confini. Alcuni sono direzioni.